Nuove abitudini di consumo, e-commerce e riduzione nell’uso delle plastiche hanno fatto crescere la domanda. «Questo spiega solo in parte, però, il boom dei rincari», secondo Fulvio De Iuliis, presidente Gruppo Carta, Cartone, Cartotecnica, Grafica e Stampa di Confindustria Salerno
Aumenti considerevoli anche per la carta, con conseguenze pesanti per tutta la filiera. Cosa sta succedendo e cosa, in un più lungo periodo, potrebbe accadere?
C’è una domanda preliminare che da mesi ormai gravita intorno la questione dell’aumento dei prezzi: se esso sia dovuto a inflazione o a fenomeni speculativi. Il dilemma shakespeariano al momento è senza una chiara risposta. Stiamo assistendo impotenti alla crescita dei prezzi delle principali commodity, innalzamento che di certo non risparmia neanche il comparto delle fibre riciclate e vergini. La quotazione della cellulosa è schizzata alle stelle, non si riesce a reperire kraft liner per produrre scatole e in questi mesi abbiamo registrato l’incremento più alto e repentino del prezzo della carta da riciclare della storia degli ultimi decenni (+350% da Febbraio 2020 a Febbraio 2021 e il trend continua).
Ma dove finisce la carta da riciclare?
La domanda di carta, in particolare quella per ondulatori, è molto elevata. Nuove abitudini di consumo, l’e-commerce e la riduzione nell’uso delle plastiche hanno fatto crescere la domanda, ma questo spiega solo in parte il boom dei rincari della carta e del cartone ondulato. La Cina non importa più direttamente carta da riciclare, ma lo fa tramite impianti produttivi dislocati in altri paesi. In aggiunta altri paesi asiatici stanno attirando fonti di materiale dall’America e dal Vecchio Continente, complice la ripresa della Cina già da diversi mesi fuori dalla pandemia. Chi beneficia di questo momento storico? Attualmente i conti tornano solo per la parte a monte della filiera, ossia raccolta e selezione della carta da macero. Gli altri attori della filiera, ossia le cartiere e i trasformatori, spesso con contratti a prezzi bloccati, non riescono a trasferire interamente gli aumenti subiti sul prezzo di vendita bruciando i loro margini nonostante un periodo di domanda “attiva”.